l'evidente antecedente del conseguente, e al contrario il conseguente dell'antecedente, quando le medesime conseguenze sono state osservate prima
Mostra ICEBERG'09
installazione di un corrimano a chiocciola in ferro con la definizione di segno data da Hobbes scritta in braille e intro-illuminata.
Un lavoro minimale
Acrilico su tela nuda
2x3 mt
Quadreria
di Saverio Hernandez
Il lavoro si colloca al confine tra installazione e pittura. Questa è presente a due livelli, come tema e come
linguaggio: si parla cioè di pittura con i modi della pittura. Perché, allora, un’installazione e non un semplice
quadro? Perché l’installazione permette di creare tra i due livelli quel piccolo scarto che li distingue senza
separarli: è a partire da questo scarto che va cercato il significato del lavoro.
Cosa si vuol dire dunque della pittura? Innanzitutto che è insieme oggetto e immagine di oggetti: la
dimensione dell’oggetto è data dalla tela arrotolata, dall’impronta oleosa lasciata dalle cornici; quella
dell’immagine è data dai motivi ornamentali e dai volti dipinti.
Questa duplicità si ritrova dentro la pittura, cioè nella dimensione dell’immagine. In pittura l’immagine
diventa linguaggio e, come tale, oscilla tra due poli: quello dei significanti e quello dei significati. Il lavoro
ripropone questa oscillazione nel conflitto tra gli ornamenti e i volti: i primi sono decorazione pura, gioco
autoreferenziale, i secondi chiamano in causa il significato più alto, cioè l’uomo.
Pur differenti, rappresentazione e decorazione restano sottoposti allo stesso dominio, quello dei segni: è
appunto lavorando sulle qualità segniche dell’una e dell’altra che è stata costruita l’immagine. Qualsiasi
segno pittorico, anche il più elementare, determina la rottura dell’unità della superficie, che si scinde in un
positivo e in un negativo, in un pieno e in un vuoto. E’ quanto accade nella tappezzeria: tra i motivi
ornamentali si crea un intervallo, un embrione di spazio. In questo intervallo si installano i volti; essi
sciolgono la rigidità della superficie, fluidificano lo spazio, affondano nel rosso suggerendo una lontananza.
In quanto immagini, i volti vivono nella coscienza, entrano nel flusso della memoria: i quadri (gli oggetti)
sono stati rimossi, resta solo l’alone delle cornici e la traccia (l’immagine) di ciò che rappresentavano. Il lavoro
si apre così a una dimensione temporale, si sposta per così dire nel passato, lì dove si può ritrovare il senso
della pittura.
Quadreria
Questi lavori si collocano a metà tra lo studio del linguaggio della Pittura e una serie di
suggestioni avute nel corso del tempo.
Mi sono trovata, nel museo dell'Hermitage, in un gennaio freddissimo, davanti a
una piccola teca che conteneva la Riza (copertura metallica sbalzata) di una icona, senza però
la tavoletta dipinta, poggiata su un velluto bordeaux. In essa stava tutta la presenza
dell'icona, in quella sagoma senza più una identità, resa solo dalla decorazione che
solitamente le faceva da orpello.
Poi, davanti a una quadreria sempre all'Hermitage, che rappresentava tutti i generali
dell'esercito russo che avevano combattuto per la patria, laddove mancava il ritratto per morte
avvenuta, era stata lasciata la cornice vuota con l'etichetta del nome. Sarebbe stata l'assenza
all'interno di una serie di pitture, che proprio nella serialità diventavano decorazione, a
rendere più forte la loro presenza.
Da un lungo pensiero sulla decorazione casalinga nella nostra memoria, ho scovato le carte
da parati, le vecchie e consunte decorazioni in cui rimane traccia, tempo dopo, dei quadri,
delle fotografie, delle memorie familiari divenute parte integrante delle pareti.
gomma siliconica
90x180 cm ca.
2009
Il segno di dove veniamo è sul nostro corpo, proprio al centro.
Dove vogliamo andare, quello che vogliamo essere, lascerà i suoi segni su di noi.
Ne Il ritratto di Dorian Gray, Wilde descrive la fisionomia come l'immagine della nostra vita, su essa rimangono i segni delle nostre azioni, dei nostri sentimenti.
Melville alla fine del romanzo Moby Dick parla della pelle della balena come di una pagina bianca su cui sono rimasti i segni delle battaglie con Achab, una scrittura, il racconto delle sue lotte per la vita.
Attraverso gli ombelichi ho scritto in Braille METAMORFOSI, perchè in questa parola è insita la tensione della ricerca di noi stessi, del nostro destino.
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